Między Ustami Italji a brzegiem Nervi Przypadek Kazimiery Alberti

s. 57-58

 

Fummo qualcosa a metà strada tra il «valzer» e la «raspa». Qualcosa che voleva ancora conservare un po’ dell’antica distinzione di forme e reagì, magari debolmente, contro la volgarità.

E quando io, mia cara, paragono quell’epoca dalla fine del secolo scorso al 1014 – che conosciamo attraverso i romanzetti e i racconti delle nostre madri – con quella di oggi con le stelle americane sulle bandiere, mi accorgo che quello non dové essere un tempo spremuto d’estetica e d’arte.

E proprio quell’epoca è molto rappresentata nella storia di Nervi. Nel «piccolo angolo senza vento, con la folla di fiori e di alberi esotici», che allora erano molto giovani, si impiantò «il gran mondo».

Mi raccontano che qui arrivano gli aristocratici russi con l’intero loro treno che, non potendo traversare la rete europea per la differenza dello scartamento ferroviario, era caricato sui carrelli europei. E veri cosacchi montavano la guardia ai vagoni in stazione.

Sorriderai, d’altro lato della «cortina», tu che frequenti due volte all’anno un corso di sociologia. E penserai che allora, in tal caso, in Russia doveva ben avvenire ciò che poi è avvenuto. Marysia, penso che quella fu una sfera che nel suo egoismo seppe chiudere gli occhi a tutto quanto la circondava e mettere in scena per suo uso un tramonto bello ed artistico. Da quell’epoca datano i grandi alberghi di Nervi, circondati da propri giardini. Sulle terrazze, nelle sale, nei viali, vicino allo «champagne», con i gioielli seducentemente brillanti al lume delle candele, si adunava qui il «gran mondo». Ma noi non abbiamo mai sognato di questo gran mondo. Esso era già da parecchio alle nostre spalle. In un certo senso ci faceva anche addirittura ridere, perché eravamo neofiti della democrazia, quella tra il 1925 ed il 1939. Ed i neofiti non sanno perdonare. La carissima lettera, anche non portata dal valletto sul vassoio ma democraticamente arrivata per posta con 15 centesimi, aveva egualmente un gusto squisito.

Ma ancor prima di questi granduchi russi, e dell’aristocrazia polacca con passaporto russo, vi fu qui un’altra epoca. Il marchese Groppallo, proprietario di una società di navigazione – qui si chiamano armatori – uno dei tanti liguri che navigò il mondo, amava riposare a Nervi e credo sia stato il primo a mettere in evidenza questo angolo della riviera. Aveva molti amici, specialmente britannici dato che era un anglomane, e li invitava a casa sua. Così a poco alla volta la gloria di Nervi cominciò a spandersi per il mondo. E quando la «Villa Groppallo» si dimostrò troppo piccola per questo affluire di stranieri, il proprietario costruì il primo, diciamo, pensionato, dove installò i suoi ospiti.

Dal mondo, con le navi del marchese Groppallo, giunsero le piante esotiche ed egli stesso, appassionato di botanica, le fece piantare. Quando esse si erano già ambientate e sviluppate ne regalava i germogli agli amici. Così a Nervi nacque una gara botanica che dette inizio ai bei parchi dei quali ti ho parlato.

Penso che quest’epoca riscuota più il nostro gusto.

Oggi Nervi è diventata democratica. Ma sai? In un qualche modo strano, artistico, direi quasi. I parchi sono restati, intoccabili. Il giardino del quale abbiamo sognato si è sviluppato in un qualche cosa di sensuale, di ebbro. I grandi alberghi, che ricordano i poetici granduchi declamanti bellamente Puskin, discutenti del contemporaneo Nietzsche, e sognanti al crepuscolo i «Notturni» ed i «Valzer brillanti» di Chopin certo in modo non peggiore degli odierni pianisti della radio, sono rimasti tutti; soltanto che si sono modernizzati. Per le strade gli alberi d’arancio sono cresciuti e luccicano di sfere oscillanti tra il rosso ed il color del ducato. E vi è il mare «ma che sia aperto, fino al cielo!» come tu volevi. E gli scogli si dispongono in disegni fantastici e la torre Groppallo, sulla passeggiata, è rimasta così com’era nel XV secolo, forse anche più bella perché restaurata.