La nostra Fabbrica, a dispetto dei meccanismi delle multinazionali e del proletariato riguardanti il profitto e lo sfruttamento, si presenta, citando Jaspers, come: “una comunione apolitica intellettuale e morale, una comunione di coscienze e dell’altruismo di ricerca della verità, nonché di partecipazione al dialogo internazionale delle unità autonome, che creano la cultura universale umana”.
L’infrastruttura di questa Fabbrica sarà confortevole (ed in questo caso virtuale) dando l’opportunità di poter lavorare nelle migliori condizioni possibili. Il nome latino della rivista ci introduce nell’officina artigianale, che per ogni filologo costituisce un luogo idoneo e sancito dalla tradizione. L’aristocratismo dell’animo, insieme all’idea del buon lavoro, possono rivelarsi come le fondamenta per la costruzione del libero spazio spirituale.
Il patrimonio dello stabilimento di produzione insieme al capannone delle turbine, alle officine, al parco macchine ha per noi un significato particolare. Così come il ripristino o l’adattamento degli edifici postindustriali potranno avere delle nuove funzioni dando un valore singolare. Il progetto della fabbrica rispetta la tradizione dell’antica “officina” unendo la fucina delle ispirazioni silesiane con la manifattura italiana, laddove sono creati i migliori prodotti artigianali.
Questo tipo di relazioni polacco-italiane, le ritroviamo nelle parole di una studiosa dell’architettura industriale, quando descrive le fabbriche viste come “palazzi simili ai castelli italiani utilizzati come depositi di cotone, (…) case ricche di stile, barocche, curvilinee, vezzose, piene di cupidi sulle frese e sulle finestre che si affacciavano su una serie di laboratori tessili” (cfr. I. Popławska: Architektura przemysłowa Łodzi w XIX wieku. [Architettura industriale di Łódź nel XIX secolo.] Varsavia, 1975).
La fabbrica in cui sono esposte le forme della sua costruzione, non nasconde i fili architettonici: pilastri, mattoni senza intonaco, travi del tetto e grigliati. In questo modo diventa una simbolica creazione metatestuale, autoriflessiva, che si allontana dalle antiche forme dell’architettura medievale difensiva. In precedenza la fabbrica somigliava ai castelli, alle fortezze, tuttavia successivamente la priorità non è più la bellezza monumentale, ma la massima utilità e comodità (e l’occupazione del minor spazio possibile). Citando Janusz Pazder: “La fabbrica non solo non doveva, ma non poteva più nascondere la propria “fabbricità” dietro alla facciata del palazzo o del castello ̶ è stata nobilitata al grado di fabbrica” (cfr. J. Pazder: O dwóch nobilitacjach fabryki (notatka). [Delle due nobilitazioni della fabbrica (nota)]. „Teksty” [Testi] 1981, n. 2).
La nostra “Fabrica” si colloca laddove c’erano le manifatture del passato, ma la sua ultra modernità e il rebranding fanno sì che il rumore, il fango, la produzione di massa vengano sostituiti dalla concentrazione, dalla trasparenza e dall’ “unica arte” della parola. Seguendo il filo conduttore dei significati paralleli la denominazione resta la stessa, ovvero fabbrica: ha una produzione, una distribuzione e dei destinatari. Nel mondo digitale, nella visione postmoderna dalle grandi fabbriche, quello che ne resta è l’idea del lavoro comune per la produzione di opere uniche. La rinascita digitale, con un soffio, ha dato nuova vita ai vecchi muri imputriditi delle fabbriche.
Nella nostra fabbrica tratteremo testi interdisciplinari che rappresentano e collegano diverse discipline: film, arte, antropologia, geografia umana.
La “Fabrica…” è una rivista che crea una reale comunione tra due centri del Sud, lontani solamente dal punto di vista geografico: l’Alta Slesia e la Puglia. Tuttavia, queste distanze si accorciano grazie al sincretismo culturale, all’ibridicità e “al sinergismo” che mettono in risalto il legame tra queste due terre. Nella struttura dell’universale fabrica mundi ritroviamo due centri indipendenti, coscienti della propria necessità e importanza, che soltanto grazie alla collaborazione, agli scambi dei risultati delle ricerche e al trasferimento dei testi (“dalla terra italiana a quella polacca” e viceversa) possono trovare un punto di incontro e rinforzarsi a vicenda.
Non si tratta di una rivista polacco-italiana tradizionale, poiché si presenta come una piattaforma interattiva sulla quale agiscono i due prestigiosi centri di ricerca. Polacco-italiana non sta a significare solo il collegamento tra le due realtà linguistiche, il superamento degli ostacoli nella comunicazione interculturale e la coesistenza delle due lingue, ma punta ad essere un ponte tra coloro che si occupano della cultura e dell’arte, un collegamento tra le due università, tra due letterature e il mondo reale.
L’obiettivo e quello di mostrare il modo in cui una rivista moderna sia in grado di abbattere le barriere linguistiche e territoriali, pur unendo due culture capaci di comunicare con la stessa sensibilità.
La “Fabrica…” nasce come una rivista con una cadenza annuale, tuttavia considerando la molteplicità dei temi, potrebbe averne una semestrale.
Negli anni 2019-2022 “Fabrica…" è stato pubblicato con cadenza annuale e, per decisione del Consiglio Editoriale, dal 2023 è diventato semestrale. L’ambito tematico del successivo numero della rivista sarà consultato con il consiglio scientifico e annunciato in anticipo sul sito, ed i testi presentati saranno qualificati per la pubblicazione dalla redazione sulla base della valutazione di due revisori paritari.