Mette in risalto il genio dello «stupor mundi», colui che propose l’unità dell’Europa, quell’uomo che non è solo un semplice imperatore: «Ma vi fu anche un Federico – filosofo ed un Federico – poeta» (Alberti 1951: 256). Castel Fiorentino è il luogo in cui l’imperatore si è spento nel 1250. La profezia di Michele Scotto si è realizzata: «Morirai presso una cortina di ferro, nel luogo che ha il fiore nel suo nome» (Alberti 1951: 258).
Una domanda sull’Europa ci porta a riflettere sul destino di quest’ultima e non solo:
Forse che l’Europa dovrŕ divenire tra secoli un pugno di rovine, come Castel Fiorentino? Od invece questo nome coronerŕ l’idea di Federico non imperatore, ma filosofo e poeta? L’Europa unificata? O «Castel Fiorentino»? (Alberti 1951: 259).
Siamo giunti al capolinea e concludiamo la nostra avventura in Puglia insieme alla nostra «cicerone» con un Brindisi di addio, fatto non con del buon vino pugliese, esaltato nelle pagine precedenti, ma con un cincin con l’acqua dell’Acquedotto Pugliese. Qui l’Alberti si concentra, su quest’ultimo, poiché si tratta di un’infrastruttura che ha dato realmente una svolta a questa regione. Di qui inizia una riflessione, sull’acqua che non sempre viene apprezzata e confeziona quasi una campagna pubblicitaria contro il suo spreco. La costruzione dell’Acquedotto ha coinvolto tante persone e l’autrice decide di seguire il percorso che ha portato alla sua realizzazione. Questo è il segreto più profondo della Puglia, così presentato dall’autrice:
Ecco l’ultimo «Segreto di Puglia». Forse il più interessante, certo uno dei più emozionanti e vitali. Il segreto della rinascita, il segreto della vita, il segreto dell’avvenire, il segreto del lavoro costruttivo umano… (Alberti 1951: 273).
In questo caso, il lavoro dell’uomo ha offerto un elemento davvero importante, dimostrando che egli non è solo in grado di distruggere. È un inchino di fronte all’intelligenza dell’uomo in grado di tale maestria. Un elogio al lavoro, alla sorveglianza e a tutto quello che serve per poter far funzionare l’acquedotto.
L’ultimo invito che ci fa è quello del nostro brindisi per congedarci:
Voglio offrirti acqua dell’acquedotto pugliese. Con essa berremo il brindisi di addio. Prendi nelle mani questo bicchiere di «vilissima rerum», qui, all’ombra, presso questa fontana. […] Bevi con me questo bicchiere d’acqua, alla gloria del cervello e della tenacia, del sacrificio e dell’energia umana! Io riempirò ancora di essa la bottiglia che mi rinfrescherà durante il viaggio. […] ogni ricchezza che ho visto su questo mondo aveva sempre, nascosto nel suo intimo, bacilli e gocce di veleno, […] almeno oggi sono sicura che questa mia, modesta odierna, è pura (Alberti 1951: 274–275).
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