Successivamente la scrittrice rintroduce tra le righe Federico II, colui che ha trasformato la Puglia rendendola esotica, portando a Lucera un gran numero di saraceni per renderli più «europei» africanizzando così invece la cittadina (Alberti 1951: 245–247).
L’autrice inizia poi una descrizione del paesaggio incantevole ricco di colori, che lei vorrebbe saper riprodurre su una tavolozza. Si ripresenta anche qui, il dispiacere che prova per la malvagità umana in grado di abbattere ogni cosa: «Strano animale è l’uomo! Con gioia infantile costruisce, ma con voluttà distrugge!» (Alberti 1951: 249).
Parlandoci dell’Anfiteatro di Lucera e tornando un po’ nel passato, inizia una riflessione riguardante il tempo dell’uomo moderno e dell’uomo del passato:
L’uomo contemporaneo si è formato uno stile di vita che divora tutto il suo tempo. L’uomo si è impoverito, ha perduto il suo prezioso gioiello: il tempo! Non ha tempo per niente. Né per pensare né per riposare, né per studi più profondi né per il divertimento. Tutto il mondo si affretta troppo […]. Da questo punto di vista l’uomo dell’antichità batte l’uomo contemporaneo. Egli aveva il tempo per tutto. Non il tempo governava lui ma lui il tempo (Alberti 1951: 253).
Questo ci dimostra come l’uomo contemporaneo già negli anni Cinquanta fosse più «povero» di tempo rispetto a quello dell’antichità, pur avendo a disposizione molti più comfort e mezzi che avrebbero dovuto facilitargli la vita.
Per renderci al meglio questa località che è tanto piaciuta alla nostra «guida», decide di paragonarla ad una giovane donna che ha solo 77 anni (Alberti 1951: 254). Vede la città come un luogo semplice, naturale e modesto:
La venere di Lucera vive, là dove è nata! Ha resistito a tutte le mode della linea femminile. Il gotico, il rococò, la «maschietta». […] Sono passati i secoli, ma la Venere trovata nelle Terme brucia, infiammata dalla forma eternamente attuale, delle proporzioni classiche, che entusiasmano tutti e non invecchiano mai (Alberti 1951: 255).
Attraverso l’interpretazione di un’iscrizione del Museo Lucerino nota come i periodi bui ci siano sempre stati in tutte le epoche e che quella contemporanea sia molto più caotica e movimentata rispetto all’antichità (Alberti 1951: 255).
In questo nostro cammino con Kazimiera Alberti, facciamo una sosta presso Castel Fiorentino, luogo dietro cui si cela una leggenda riguardante una meteora, che secondo una profezia, terminò il suo viaggio su dei fiori. Come già l’autrice anticipava all’epoca, sulla base delle idee del tanto acclamato Federico II, prevedeva che ci potesse essere un universalismo poetico europeo (Alberti 1951: 256).
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