È un elogio alla natura, in grado di creare nel corso dei secoli uno scenario spettacolare che non si può assolutamente perdere:
Occorre solo scendere e guardare. Il resto lo farà da solo questo magico castello sotterraneo nel quale tu visitatore, col tuo gran talento artistico, con la tua fantasia e la tua individualità, diventi un pigmeo (Alberti 1951: 200).
La nostra fermata successiva è la città dei trulli, Alberobello. L’invito che ci fa questa volta è quello di abbandonare l’idea della magnifica architettura delle città italiane più note, per poter osservare da più vicino lo stile preistorico. Qui, «nella culla dell’architettura» (Alberti 1951: 202), l’Alberti fa un inno dedicato alla pietra:
Vieni qui ad Alberobello e qui, in questa culla dell’architettura, comprenderai quanto amore e rispetto per la pietra, nel suo testamento, ha lasciato il primitivo architetto. Per primo egli cambiò la pietra in suo protettore, ché gli desse riparo e sicurezza davanti gli uragani ed i cicloni, e ricovero dopo il lavoro sotto l’ardente sole (Alberti 1951: 202).
I trulli erano diffusi già nell’epoca preistorica in Valle d’Itria, soprannominati tholos, utilizzati per seppellire i morti. Tuttavia i trulli che attualmente ritroviamo ad Alberobello sono quelli risalenti al XIV secolo, periodo durante il quale il territorio alberobellese era sotto il dominio dei Conti di Conversano[4].
Passeggiando tra le vie di questa cittadina sembra che qui la vita fosse più tranquilla, che l’uomo che ci viveva tanto tempo fa fosse sereno e più felice. L’autrice ci fa una piccola lezione sullo stile architettonico di queste case dove è possibile ammirare:
[…] il più crudo primitivismo, questa lettera «A» nell’abicì dell’architettura, che ha racchiuso in sé tutti gli elementi strutturali delle altre lettere. L’analfabeta più difficilmente impara questa prima lettera… tutte le altre sono poi più facili. Guarda, prendi ad Alberobello la tua prima lezione; poi comprenderai più facilmente ogni geroglifico architettonico. […] Guarda il progetto dell’architetto preistorico! Ecco il rifugio che egli costruì per i suoi vivi e per i suoi morti. Di qui è partito il primo filo per Creta, Micene e la Grecia (Alberti 1951: 203).
s. 174-175