L’Arco romano non le riporta a galla scene di guerra, brutti ricordi, quelle terribili sensazioni che gli altri archi avevano suscitato in lei. Al contrario, questo umile e sobrio arco, immerso nella campagna, sembra far parte del paesaggio ed è insito in un senso filosofico, piuttosto che in un senso bellico:
Tutti gli altri erano, si può dire, … urbani, nel complesso di pietra, sullo sfondo del rumore stradale. Questo qui è… agreste, con i suoi piedi fortemente piantati nella fertile terra (Alberti 1951: 178).
Sedendo su di una pietra, appoggiata con le spalle all’arco, l’autrice si domanda come saranno giudicati i trionfi del passato. In conclusione l’attenzione è posta sulle generazioni future, per le quali la scrittrice si domanda se nella loro «televisione» apparirà il ricordo del contadino, che passa per l’Arco di trionfo, che lavora e canta nei suoi campi, per poter assolvere il XX secolo (Alberti 1951: 179).
Proseguiamo il nostro viaggio sulla scia degli eventi storici, seguendo le tracce di Annibale. Piuttosto che descrivere solo gli eventi storici, attraverso la battaglia di Canne, la scrittrice cerca di capire il senso di questi eventi e le lezioni di vita che ne susseguono. Come sottolinea tra queste pagine, il suo pensiero riguardo alle guerre è ben saldo:
Da bambini abbiamo giocato sul grembo della prima guerra mondiale e la seconda ci ha baciato tragicamente in fondo al cuore. Noi siamo la generazione per la quale la parola «guerra» non è «gloria», ma solamente «dramma» (Alberti 1951: 179).
Ci ritroviamo dunque ad una lezione all’aria aperta, direttamente sul campo:
Ci interessa oggi la psicologia dell’aggressione e le sue conseguenze. In nessun luogo la studierai tanto bene come su questo campo, oggi. […] La lezione fu semplice: questo compito di storia fu scritto da centoventimila uomini, da un mattino ad una sera. Naturalmente lo scrissero con l’inchiostro rosso delle proprie vene (Alberti 1951: 180).
Ci spiega come l’aggressività non faccia altro che generarne dell’altra e Canne ne è l’esempio per eccellenza. In questo caso ne approfitta per sottolineare come purtroppo la lezione non fu appresa dall’umanità per evitare che tutto ciò si ripetesse nei secoli successivi, ma è stata purtroppo solo spunto per poter sfruttarne le sue strategie.
s. 170-171