La generalità del problema viene mostrata nel libro a partire dall’esempio della famiglia di Gerda:
Solo Johanna [madre di Gerda] in famiglia sapeva leggere e scrivere in italiano: era l’unica ad aver fatto le scuole fasciste. Hermann aveva frequentato le elementari nell’impero austroungarico, interrompendo gli studi quando gli erano morti i genitori. I figli erano andati alle scuole della Repubblica nata dall’antifascismo, che non aveva restituito il Sudtirolo alla Madre Austria come i suoi abitanti si erano illusi facesse, ma almeno aveva riconosciuto loro il diritto di studiare nella propria lingua. La burocrazia però era ancora tutta in italiano (Melandri 2017: 43).
La situazione è molto complicata e poco gradevole per la società sudtirolese. È una italianizzazione senza appoggio regolare, sottile, ma d’altronde percepibile e penosa.
Un altro momento cruciale della lingua utilizzata come uno strumento di discriminazione, o perlomeno di umiliazione, ha luogo durante il parto di Gerda. La giovane madre viene cacciata da casa da suo padre e trova riparo in un ospizio tenuto dalle suore. La sua situazione è precaria e lei viene stigmatizzata in modo duplice: dalla propria comunità tirolese per essere madre nubile e dalle autorità (qui raffigurate nella persona di una suora infermiera, proveniente dal Sud Italia) per la scarsa padronanza della lingua:
la suora infermiera […] con disprezzo, disse all’ostetrica:
«Questa manco “spingi” capisce.»
Gerda aspettò che la doglia passasse, poi squadrò la suora e disse:
«Io capiscio.»
La suora infermiera fece una smorfia incredula.
«Kapiscio…!» ripetè scimmiottando l’accento tedesco di Gerda. Scoppiò a ridere.
«Kapiscio…». Il riso le faceva sobbalzare le spalle ossute, non riusciva a fermarsi […].
«Kapiscio…» continuò a ripetere la suora mentre usciva dalla stanza. Le sue risate risuonarono per tutto il corridoio, finché oltrepassò la porta a vetri che chiudeva il reparto (Melandri 2017: 105–106).
Il brano mostra il disprezzo da parte degli italiani (alcuni) verso i sudtirolesi, una profonda incomprensione della caratteristica della terra dove si trovano e appunto il livello di padronanza della lingua come indicatore per valutare una persona. La suora infermiera non è in grado di comprendere che gli errori linguistici di Gerda, in una situazione così particolare come quella del parto, non implichino che la ragazza non sia intelligente.
s. 195-196