Pur esistendo la piena corrispondenza tra i due codici lessicali (ogni alimento ha un suo equivalente semantico nell’altra lingua) si è stabilita una suddivisione dei termini, difficile da cogliere in modo logico (i parlanti mescolano le parole provenienti dalle due lingue, usando per alcuni alimenti sempre i nomi tedeschi e per gli altri invece i nomi italiani). Gli abitanti non parlano più né le proprie lingue letterarie né i dialetti nelle loro forme tradizionali.
Un altro ambito in cui è visibile quel intrecciarsi delle lingue è quello delle imprecazioni. Con la sua solita ironia l’autrice, parlando di un personaggio, descrive così la situazione:
Era Daitsch[2], ma bestemmiava in italiano. Tutti i sudtirolesi ora bestemmiavano in italiano […]. L’adozione unanime della bestemmia italiana da parte della popolazione di lingua tedesca fu, dell’italianizzazione forzata voluta dal fascismo, l’unico ma, bisogna dire, imperituro successo (Melandri 2017: 54).
Si potrebbe chiedere, perché proprio le espressioni ingiuriose furono adottate con più facilità? Magari è una domanda superflua, vista l’esperienza di tante persone che, nell’imparare una lingua straniera acquisiscono in primo luogo le parolacce e le bestemmie. Può darsi però che la ragione sia più profonda e più significativa. L’uso delle imprecazioni, nel frammento su citato, è associato all’italianizzazione ai tempi del fascismo. Ovvero un evento forzato, che ̶ si può sospettare ̶ procurò nei sudtirolesi rabbia e frustrazione. I fascisti nel Ventennio costringevano la popolazione sudtirolese a rispettare le istituzioni statali e a parlare solo italiano. Di conseguenza, l’adozione delle bestemmie può essere vista come un sottile cinismo, se non addirittura come una cripto-insurrezione. Non potendo opporsi alle leggi fasciste, le eseguono con il maggior disprezzo possibile.
La situazione attuale del bilinguismo è il risultato del ‘Pacchetto’, ovvero il provvedimento elaborato dal governo riguardante il governo italiano e austriaco su citato. Prima, per decenni gli abitanti della regione dovevano confrontarsi con l’italiano che spesso gli provocava dei problemi. Bisogna anche ricordare che dopo la seconda guerra mondiale viene interrotta l’italianizzazione forzata: i sudtirolesi ritengono di avere ufficialmente il diritto di usare la propria lingua. Rimane, però, una grande differenza tra la teoria della legge e la pratica della burocrazia italiana: «nessun modulo, nessun formulario, nessun cartello era in tedesco; nessun impiegato statale parlava tedesco; nessun impiegato capiva tedesco» (Melandri 2017: 44).
s. 194-195
[2] Termine con cui vengono chiamati gli abitanti germanofoni dell’Alto Adige.